venerdì 6 ottobre 2017

EDUARDO DE FILIPPO E NAPOLI

Eduardo De Filippo, impossibile non conoscerlo, conoscevo molte delle sue opere e delle sue frasi, ma come spesso capita nella vita, non mi ero mai soffermata molto su questo personaggio. Un paio di mesi fa, però, grazie al mio lavoro, ho dovuto studiarlo ed ho iniziato ben presto ad appassionarmi a questo autore così enigmatico. Eduardo De Filippo è una delle personalità più complesse del XX secolo, possiamo affermare che lui è nato a teatro e ci ha vissuto fin dalla sua infanzia, insieme ai fratelli. Un legame costruito dietro le quinte, quello con Peppino e Titina, rispettivamente fratello e sorella, con i quali ha fondato la Compagnia "I fratelli de Filippo". La madre era una sarta e si occupava dei costumi di scena, Eduardo nacque il 24 maggio 1900 da una relazione clandestina tra lei ed Eduardo Scarpetta commediografo dell'epoca.
Da allora, ha vissuto tutta la sua esistenza nei teatri e soprattutto per il teatro. Eduardo amava recitare e amava scrivere ciò che metteva in scena, ma soprattutto aveva un grande amore : Napoli.
Amava la sua città, ne amava gli aspetti più goliardici, quelli meno noti, quelli più autentici, la amava al punto tale da regalarle un grande teatro, che ancora oggi parla di lui : il teatro San Ferdinando.
E Napoli, dal canto suo, continua a parlare di Eduardo De Filippo, ad ogni angolo, ad ogni strada, c'è un frammento che lo ricorda, che fa tornare in mente chi, per Napoli, c'è sempre stato.
Nelle commedie di Eduardo c'è Napoli, c'è Napoli e la sua napoletanità.
Nelle opere teatrali è sempre presente il caffè, servito per tutti anche quando scarseggiava, al quale veniva aggiunta qualche goccia d'acqua in tempi di carestia-
Eduardo De Filippo ha avuto il grande potere di portare la gente a teatro e il teatro tra la gente. I suoi personaggi sono persone comuni, che conducono una vita comune, che parlano in maniera comune. Già, la grande novità che Eduardo riuscì a portare in scena fu proprio questa; i suoi personaggi non parlavano in Italiano, bensì in dialetto, con qualche traduzione simultanea nella lingua nazionale.
Il pubblico, così, si sentì rappresentato da qualcosa o da qualcuno e si avvicino alle rappresentazioni teatrali, perchè a teatro non c'erano più paroloni incomprensibili, ma c'erano loro, le persone semplici, con i loro pregi e i loro difetti. Eduardo De Filippo era uno di loro ed essi continuarono ad essere la linfa vitale delle sue opere.
Magia, amore, tradimenti, pazzia, spontaneità, sono questi gli elementi cardine delle opere di Eduardo, che oggi come ieri riesce a far ridere e riflettere, riesce a stupire e a far innamorare del Vesuvio e di tutto ciò che ci gira intorno.

sabato 9 settembre 2017

QUEL TEMPO SENZA TE DI VALERIA PARISI

Penso che in ogni libro, ognuno di noi ritrovi qualcosa della propria vita vissuta, un'emozione condivisa con l'autore. Penso che la mia amica Valeria Parisi, nel suo primo romanzo, sia stata in grado di narrare, con una prose estremamente scorrevole, la storia di una studentessa fuori - sede. Già, veniamo etichettati così, diventiamo ragazzi fuori - sede, ogni volta che abbandoniamo il nostro paese, per dirigerci verso il luogo prescelto come sede universitaria. 
Non è facile superare i primi step di questa nuova condizione, non è facile confrontarsi con persone diverse da noi e Valeria queste sensazioni riesce a descriverle alla perfezione. Nelle sue parole traspare una nota di ironia, mista, inevitabilmente, a tratti alla malinconia di chi sa che deve costruirsi la propria esistenza altrove, in un altrove che non sempre è definito come noi pensiamo. 
Ci sono legami, però, che ci seguiranno, in qualsiasi luogo andremo; sono i legami familiari, quella famiglia che non ci abbandonerà mai e sono i legami amorosi. L'amore, quello vivo di speranze, quello rincorso, quello che sembra svanire, ma che in fondo non finirà mai, perché la vita è più bella se viene affrontata mano nella mano. 
Non posso non consigliarvi questo gran bel romanzo, buona lettura a tutti voi e buona vita a te Valeria, amica mia. 

venerdì 18 agosto 2017

IL PREMIO OFELIA GIUDICISSI

"Ofelia Giudicissi" avevo già sentito il suo nome qualche anno prima, ma un po' per pigrizia e un po' per non curanza non mi sono mai soffermata a fare qualche ricerca, su chi fosse esattamente o sui cosa avesse scritto
.
Due anni fa, ho riscoperto questo nominativo, l'ho riscoperto quando ho vinto il Premio Letterario Ofelia Giudicissi, edizione 2015, l'ho riscoperto perchè le sue poesie ti riempiono l'anima. 
Ofelia era una donna di cultura, prima di essere una poetessa. Nei suo versi traspare l'amore, l'amore per il Meridione, per la sua terra, per il suo paese, per Pallagorio. Un amore accompagnato da una velata nostalgia, per qualcosa che vorresti rimanesse per sempre con te, per uno stato d'animo che vorresti ti restasse dentro per il resto della tua vita. 
Non c'è modo migliore, per ricordare Ofelia e tenere vivo il suo ricordo, che istituire, appunto, un premio letterario a lei intitolato. 

Il Premio Letterario Ofelia Giudicissi rappresenta, ogni anno, il fulcro delle manifestazioni culturali all'interno del Festival Lule Lule Mace Mace. Un momento di riflessione, un momento di arricchimento, all'interno del quale ognuno riesce a portare con sé qualche frammento di poesia. 
Da quando ho vinto il premio ne sono ospite fisse ed è piacevole constatare come i libri creino unione, come le parole di fede si possano diffondere allo stesso modo di quelle relative alla filologia. 

Durante le edizioni del Premio mi è capitato di assistere a canti arbereshe che tolgono il respiro, a poesie che mozzano il fiato, ad occhi lucidi di ex alunni, giunti lì per ringraziare e rivedere un professore, che ha saputo essere un maestro di vita. 
Indipendentemente da ciò che si desidera fare, indipendentemente da dove si voglia vivere, ci sarà sempre un eco che chiamerà. un legame forte, un nodo fatto di parole antiche e moderne che si mescolano insieme, come i volti di tanti appassionati, come le risate dei bambini, come le parole lette tra gli archi antichi di un paese, che vuole fare delle cultura la sua forza e la sua differenza. 
Ci sono legami che restano, perchè un professore continuerà sempre a guardare i propri alunni con una luce diversa negli occhi, perchè gli occhi di Ofelia continuano a vivere in quelli di suo figlio, che ha saputo rendere il nome di sua madre indimenticabile. 
Noi tutti abbiamo un compito, quello di preservare, preservare ciò che ci appartiene, per poterlo donare a chi verrà, per poterlo rendere immortale, perchè senza cultura non c'è vita. 

giovedì 17 agosto 2017

I 25 ANNI DELL'US PALLAGORIO

La squadra calcistica di Pallagorio compie 25 anni, 25 anni di storia, 25 anni di vittorie, 25 anni di traguardi. 
Si può percorrere questo quarto di secolo ammirando la mostra allestita presso la scuola elementare del centro albanofono. 
E' stato curioso, per me, ammirare le varie foto esposte, cercando di individuare visi familiari, persone conosciute, giovani atleti, che oggi ritrovo adulti. 
E' stato interessante visionare i trofei, non per le vittorie che rappresentano, bensì per l'impegno volutoci a conquistarli. 
Lo sport unisce, e questa è un'affermazione consolidata, sulla quale siamo tutti d'accordo, ma se lo sport è praticato in un paese dove vivono meno di 2000 persone, unisce ancora di più. 
L'US Pallagorio è una realtà sportiva, ma nello stesso tempo è un fulcro di integrazione e aggregazione sociale. E' entusiasmante vedere i bambini, che da quest'anno, grazie all'istituzione della scuola calcio, possono seguire le orme dei propri genitori o dilettarsi a praticare quest'attività semplicemente con passione. 
E' bello vedere i volti sorridenti di chi, all'interno di questa squadra è cresciuto, di chi si riconosce in ogni singolo gol segnato col cuore nelle scarpe. 
E' importante comprendere che in 25 anni possono cambiare tante cose, ma le passioni quelle no, non cambiano mai. 
Un calcio ad un pallone lo possono dare in tanti, ma saper stare sempre uniti, quella, è roba per pochi.
Buon 25esimo compleanno a chi ha creduto in questa sfida, a chi continua a crederci, a chi non si perde neanche una partita, perchè i tifosi solo la linfa vitale dei giocatori, perchè una squadra di calcio può realmente far credere in un sogno.  

mercoledì 16 agosto 2017

RIPARTIAMO DAL GRANO

Un giorno ho letto una frase, che mi ha colpito profondamente : "Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di chi sa fare il pane e riconosce il vento". 
Queste parole mi sono venute in mente quando ho saputo dell'evento organizzato dall'Accademia delle Tradizioni Enogastronomiche della Calabria, a Pallagorio. Nel corso dell'evento si è parlato della lavorazione del pane, attraverso l'esecuzione di gesti, oramai dimenticati. 
Personalmente, sono cresciuta con i racconti di mia nonna, su come il forno si trasformasse in un luogo di festa, ogni volta che si infornava il pane.
Io non lo so impastare e disconosco questa manualità, che ho visto riprodurre dai bambini, durante questa serata a tema. 
Forse dobbiamo davvero ripartire da qui, forse dobbiamo davvero ripartire dai gesti autentici, dalle piccole cose, dai chicchi di grano, che hanno il colore dell'oro. 
E' una sfida, quella lanciata da Pallagorio, una sfida che porta alla valorizzazione del grano Senator Cappelli, un grano che secondo il sindaco Umberto Lorecchio può creare impresa, un grano che secondo Valerio Caparelli può creare occupazione, un grano che per Caterina Spina, che ha fortemente voluto l'evento, può creare identità.
Bisogna ripartire dalle cose semplici, da ciò che la natura ci offre, per diventare grandi; bisogna ripartire dalle sfumature che connotano e denotano un'identità territoriale, ma anche culturale ed occupazionale. 
Un rilancio di ciò che possiamo fare, di ciò che siamo in grado di fare, di una tradizione antica, come quella del pane, inebriante come il suo profumo e autentica come il suo sapore.

martedì 20 giugno 2017

E domani... La maturità....

Sono passati dieci anni dai miei esami di maturità, proprio così, dieci lunghi anni, è proprio vero che il tempo scorre troppo in fretta... 
Domani molti ragazzi dovranno affrontare gli esami di maturità, alcune delle persone a cui sono più legata nella mia vita, si siederanno in quel banco e si metteranno alla prova, dimostrando ciò che hanno fatto nel corso di questi cinque anni, quanto valgono e come metterlo alla prova. 
Gli esami  sono la prima tappa verso una maturità difficile da affrontare, difficile da afferrare, con la quale non sempre si può competere. Sono il primo passo verso il mondo dei grandi, perchè il loro significato è sapersi mettere in gioco. 
Non sarà il voto del diploma a dire chi sei, non sarà la prima prova a farti comprendere se diventerai uno scrittore, non sarà l'esame orale a stabilire cosa hai studiato nel corso dei cinque anni, ma la maturità rappresenta un nuovo passo, un passo in bilico tra ciò che hai appreso e ciò che apprenderai. 
Con gli esami di stato finisce un ciclo della vita, finisce un periodo, forse il più bello, finisce per sempre un'esperienza e ne inizia un'altra, formata solo ed esclusivamente da te e dal tuo valore. 
La notte prima degli esami arriva per tutti, questa sarà la vostra, godetela fino in fondo ed affrontate serenamente ciò che vi attende, senza ansie e preoccupazioni inutili, perchè tutto quello che è stato realizzato fino ad ora è solo ed esclusivamente merito vostro. E' merito dei vostri impegni, delle vostre insicurezze, di tutte quelle ore trascorse tra filosofi e formule, di tutti quegli esercizi che non davano mai il risultato del libro, di tutte quelle volte in cui vi siete sentiti fieri di voi, di tutti i sorrisi e le complicità tra i banchi, di tutti i posti visti insieme, di tutta quell'allegria che vi caratterizza. 
Buona maturità amiche mie, in bocca al lupo a tutti i maturandi, con l'augurio che possiate avere la vita che desiderate. 

giovedì 15 giugno 2017

Metti un giorno nella cantina Senatore

Khalil Gibran diceva: "A volte un uomo cerca un tesoro in luoghi lontani e non si accorge che è già in suo possesso " .
Questa frase è estremamente vera,soprattutto se si considera che la nostra terra è ricca di tesori. Un paio di giorni fa ho effettuato un Wine Tour presso la cantina Senatore di Ciro' Marina, un gioiello incastonato nelle vigne. Il vino, il punto di forza di questa terra così aspra e nello stesso tempo così fiera, fiera come i volti dei giovani imprenditori che ci hanno accolti, fiera come la passione che Emilio impiega nel curare i suoi vigneti.
Un odore inebriante avvolge i visitatori del luogo, è uno dei profumi più passionali del mondo, è quello del mosto che sta per diventare vino, è quello del vino che dovrà essere imbottigliato,  è quello dei piccoli grappoli che stanno maturando. Una distesa immensa di verde, un'azienda circondata dalle foglie d'uva, quelle foglie che coprono l'orizzonte fino alla vista del mare, un panorama surreale che si può ammirare dalla terrazza panoramica, che Antonio mostra come il luogo - chiave del posto.
Serbatoi di vino, che diventeranno bottiglie, varietà numerose di vini, da accompagnare ad ogni piatto, da descrivere con la passione negli occhi, quella stessa passione che può essere letta negli occhi di Vito, mentre spiega le proprietà dei suoi vini.
Vicino all'entrata c'è un poster, dove sono raffigurati i proprietari della cantina,con una scritta importante "da padre in figlio ". E' questo lo spirito dell'azienda Senatore, una realtà da ammirare, da gustare, da accrescere e premiare, perché lo sviluppo di una terra parte dal valore delle sue radici e dalla dedizione verso ciò che si ama.

domenica 30 aprile 2017

IL PRIMO MAGGIO ALLA MONTAGNELLA, SULLA SCIA DI UN SECOLO DI STORIA

Rovistando tra vecchie carte, un paio di giorni fa, ho trovato questo articolo, si tratta di un mio discorso effettuato un paio di anni fa, sul Primo Maggio alla Montagnella, che ora voglio condividere con tutti voi.
E' la storia del nostro Primo Maggio, di ciò che significa e di ciò che ha rappresentato per il territorio.
Buon Primo Maggio, buona festa dei lavoratori, buona festa del lavoro....
"Era il 1 Maggio del 1919 e le tre comunità arebreshe del Crotonese si unirono, per dar vita a quello che poi sarebbe diventato un evento “simbolo” dell'intero territorio; il Primo Maggio alla Montagnella. Fu Pasquale Tassone, medico di Pallagorio che pensò bene di riunire le tre comunità, per un giorno, in un luogo che, fisicamente, le unisce davvero; il bivio della Montagnella. Da questo crocevia, infatti, si snodano le tre strade che portano a Carfizzi, San Nicola dell'Alto e a Pallagorio, ed è proprio questo bivio il punto di incontro dei tre paesi albanofoni. Tassone, con la sua caparbietà e con la sua forza di volontà, aveva già iniziato una battaglia che si sarebbe conclusa 30 anni dopo, quella contro i latifondisti, quella battaglia per i lavoratori, quella battaglia accanto ai contadini.
Le persone che lui riuscì ad unire ed unificare lì, alla Montagnella, erano i lavoratori delle miniere di San Nicola ed i braccianti di Carfizzi e Pallagorio. Erano persone che dovevano lavorare per 10-12 ore al giorno, che dovevano coltivare le terre dei “ricchi”, senza averne alcun profitto, continuando a vivere nella povertà. La Montagnella è il luogo da cui partì quella voglia di riscatto sociale che ci caratterizza, ancora oggi, che fece alzar la testa a chi, quotidianamente, era abituato solo a chinarla e fu il fulcro delle lotte sociali dell'intera zona. Dal 1919 il Primo Maggio alla Montagnella divenne un appuntamento fisso, al quale non si rinunciò neppure durante il ventennio fascista. In quegli anni, il Regime aveva messo al bando questa manifestazione, ma i coraggiosi contadini dei tre comuni, loro, non si fecero mettere al bando e continuarono ad andarci, continuarono a manifestare. Si incamminavano di nascosto, spesso durante la notte, per raggiungere la Montagnella e festeggiavano ugualmente quel giorno, che per loro rappresentava la speranza di un futuro migliore. Lo festeggiavano consapevoli che, se le forze dell'ordine li avessero scoperti, sarebbero stati imprigionati , torturati ed anche uccisi.
E' il Primo Maggio 1946, il primo Primo Maggio dopo la Seconda Guerra Mondiale, dai tre paesi paesi partono tre cortei immensi, che portano tutti al bivio; una folla di gente pronta a festeggiare liberamente, giovani ed anziani, con volti sorridenti e tanta voglia di libertà. Da quel giorno, ogni anno, nessuno ha rinunciato a festeggiare questa ricorrenza.
Arriva il 1949, le lotte per rivendicare un pezzo di terra, per avere uno spazio in cui coltivare qualcosa di proprio, senza che il “signore”, il latifondista, pretenda qualcosa da quella coltivazione. Sedici contadini di Carfizzi vennero arrestati, perchè avevano preso parte ad una lotta, per avere i terreni intorno al paese, per fortuna, in quell'occasione non ci furono morti. Ma, poco più in là, i contadini di Melissa non furono così fortunati, a Fragalà, infatti, morirono tre persone.
Da quel giorno, il Primo Maggio assunse una nuova forma, divenne il giorno della memoria, della celebrazione di chi ebbe la forza di combattere contro il potere assolutistico dei padroni.
Per ogni famiglia di Carfizzi il Primo Maggio rappresentava un evento importante, tutti i membri si dovevano vestire a festa, gli asini che di solito venivano adoperati per recarsi in campagna, quel giorno dovevano arrivare alla Montagnella, carichi di buon vino e di deliziose prelibatezze, preparate dalle mogli, la sera prima o la mattina all'alba. Giunti alla Montagnella, proprio dove c'è la prima salita dell'attuale parco, ognuno ascoltava i discorsi dei politici, che giungevano a Carfizzi da tutta la Regione. Si ascoltavano i discorsi dei sindacalisti, che iniziavano a combattere contro le troppe ore di lavoro nelle fabbriche, con parole che allora come oggi, risuonavano troppo lontane dalla realtà contadina di Carfizzi. Terminati i comizi, ogni famiglia era pronta ad aprire il suo paniere e a togliere fuori ogni sorta di prelibatezza, compresi i dolci tipici e deliziosi pan di spagna. Durante il pomeriggio, poi, si scendeva proprio nel bivio, per danzare e scherzare per ore, fino al tramonto.
Sono passati gli anni, sono cambiati i mezzi di trasporto, ma lo spirito ed i programmi del Primo Maggio non sono cambiati.

Ed oggi? Cosa rappresenta il Primo Maggio?
In questa giornata, ancora oggi, si celebrano i diritti di tanti lavoratori, diritti che purtroppo, ancora, spesso, vengono negati, ieri come oggi. In un periodo di incertezza, questa giornata continua ad esprimere la stessa voglia di riscatto, di libertà e di speranza, che è rimasta immutata, nonostante siano passati ben 94 anni. (Il testo è di 5 anni fa, quest'anno si festeggia il 99esimo anniversario del Primo Maggio alla Montagnella)
Su quella collina, che unisce i tre paesi arbereshe, su cui si ritrovano, l'uno a fianco all'altro, giovani ed anziani, risuona, ancora oggi, l'eco di un insegnamento; quello di continuare a combattere per i proprio diritti e per i propri ideali.
Insegnamento che viene dagli occhi lucidi di Emanuele Affatati (che ora ci ha lasciato) un ex politico di Carfizzi che raccontandomi la storia di questo giorno, mi incita a combattere, che mi indica la lotta come unica via di salvezza, che parla di Di Vittorio, di Gramisci, di De Gasperi, come se fossero suoi ex compagni di banco, che parla e sa parlare della sana politica, quella fatta dalle idelologie.
E' questo oggi il Primo Maggio, è il ricordo di chi si emoziona sentendo le note di “Bandiera Rossa” di chi, come mio nonno si svegliava all'alba, mettendosi la cravatta rossa per l'occasione e sfilava per le principali vie del paese. E' il ricordi di me bambina, sulle spalle di mio padre, cantando “Bella Ciao” e seguendo le note della banda musicale, sempre presente in ogni edizione del Primo Maggio.

Questo è, oggi come allora, la festa dei lavoratori a Carfizzi, in quella Montagnella che riesce a far riunire, a far commuovere e a far sperare."